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Non è un mestiere per donne #2

La seconda intervista del progetto "Non è un mestiere per donne" con Petra Grassi, Direttrice di coro e Docente di direzione di coro at Conservatorio di Musica "F.A. Bonporti" di Trento e Riva del Garda. 

Non è un mestiere per donne


Il progetto “Non è un mestiere per donne” nasce nel contesto intrapreso dalla ZKB Trieste Gorizia per la Certificazione per la Parità di Genere, riconoscimento che la banca ha conseguito alla fine del 2024.
Questa iniziativa si porge l’obiettivo di dare voce, visibilità e forza alle donne che, con coraggio, competenza e determinazione, sono riuscite ad affermarsi in ruoli di leadership in settori ancora oggi sono percepiti come “non femminili”.

In un contesto in cui le disuguaglianze di genere persistono e in cui molte donne faticano a immaginarsi in posizioni di responsabilità, vogliamo proporre modelli reali, positivi e ispiranti. Lo faremo attraverso una serie di interviste a donne del nostro territorio che hanno raggiunto traguardi importanti. Le loro storie autentiche vogliono lanciare un messaggio chiaro: non è un obiettivo irraggiungibile, si può fare.

Il progetto non si rivolge solo alle donne, ma anche agli uomini, affinché cresca una consapevolezza condivisa sull’importanza dell’equità di genere e sul valore della diversità nei luoghi di lavoro.

 

Calorosa e diretta, Petra Grassi comprende immediatamente chi ha di fronte, ed è altrettanto chiaro ciò che si aspetta dai suoi cantanti. Nel suo modo di essere convivono dolcezza e rigore, una combinazione che colpisce chi lavora con lei. Fieramente slovena, non nasconde l’influenza della cultura italiana e dell’ambiente in cui vive, lavora e crea. La sua casa è Slivia, un piccolo villaggio nel cuore del Carso triestino, un luogo che sembra sospeso nel tempo, profondamente radicato nella propria identità.
La incontriamo proprio lì, in una luminosa mattina di inizio autunno, quando la bora accarezza il Carso e lo sguardo arriva fino al mare. «A volte da qui si vede Piazza San Marco», racconta la direttrice d’orchestra, che non ha ancora compiuto quarant’anni e ha già ottenuto importanti riconoscimenti in Slovenia, in Italia e all’estero. Nel 2019 ha ricevuto il premio come miglior direttrice d'orchestra, selezionata dal coro, al World Choral Conducting Competition di Hong Kong.
La carriera musicale di Petra Grassi inizia alla scuola di musica slovena Glasbena matica a Trieste, dove studia pianoforte. Si laurea poi in pianoforte e pedagogia musicale al Conservatorio di Trieste e successivamente in direzione corale al Conservatorio di Trento, città in cui oggi insegna come docente di ruolo. Ha diretto numerosi cori in Slovenia, Italia ed Europa, collaborato come direttrice ospite con il Coro della Filarmonica Slovena ed è membro del comitato artistico di FENIARCO e dell’associazione europea dei cori professionali TENSO.
«Ovunque vada, dico sempre che sono slovena», afferma con orgoglio. L’amore per la comunità slovena in Italia emerge in ogni sua parola. Ci accoglie accanto a un vecchio pianoforte – «è bello, ma non perfettamente accordato», sorride –, vicino al quale è appesa un’icona dell’artista sloveno Jože Pohlen. «Era amico del nonno di mio marito. La cultura ortodossa mi è molto vicina», aggiunge con quella stessa dolcezza che attraversa tutta la conversazione: amore per la famiglia, per la cultura, per il mondo.

 

Quando è arrivata la svolta che ha definito la sua carriera?
«Il momento decisivo è stato quando ho lasciato la Slovenia e sono entrata nel coro nazionale italiano come cantante, per poi diventarne direttrice. A 31 anni ero la direttrice più giovane della sua storia e solo la seconda donna. È stato allora che ho sentito, per la prima volta, che venivo presa sul serio come musicista, al di là della nazionalità e del genere. In Slovenia questo è naturale, in Italia rappresentava una novità».

 

Oggi Petra Grassi è una delle direttrici di coro più affermate in Slovenia, Italia e in Europa, e ha confermato il suo successo anche a livello mondiale. È anche una delle poche donne a insegnare direzione corale in ambito universitario.
«In Italia siamo ancora pochissime. La direzione corale e orchestrale resta un settore prevalentemente maschile. In Slovenia è diverso: lì ci sono molte più direttrici e l’ambiente è più aperto. Ricordo che nella finale del concorso per direttori a Lubiana eravamo tre donne; in Italia spesso sono l’unica. Dopo di me, nessuna donna ha ancora costruito una carriera internazionale simile.
Per quanto riguarda l'insegnamento a livello universitario, nella mia materia – direzione corale e composizione – attualmente siamo tre donne ad aver vinto un concorso. Io sono l'unica ad essere stata assunta negli ultimi vent'anni. Fortunatamente in Italia le cose stanno lentamente cambiando, anche grazie alle norme che richiedono una maggiore presenza femminile nelle commissioni di esperti. Tuttavia, c'è ancora una generazione più anziana che ritiene che alle donne manchi il carisma. Poi ti metti davanti al coro, inizi le prove e non ci sono più dubbi: ciò che conta è la competenza e la personalità. 
Questo vale per le posizioni di leadership in generale, e in particolare per la direzione d'orchestra.
«Naturalmente, la persona che guida un gruppo di persone deve essere carismatica, convincente, deve avere capacità oratorie e psicologiche, ma questo non dipende dal genere, bensì dal carattere.
Nelle generazioni più giovani noto una forte apertura: molti uomini vogliono collaborare con professioniste (donne) preparate. Nel mio coro ho molti intellettuali provenienti da tutta Italia che dicono di voler lavorare con una direttrice d'orchestra che padroneggia il proprio lavoro, e queste sono poche. Il carisma è innato. Le donne sanno gestire persone e caratteri diversi, è nella nostra natura. Creiamo un ambiente sereno e sappiamo farci valere quando serve. Forse siamo meno conflittuali perché siamo abituate a gestire delle "piccole cellule" come la famiglia.»

 

Pensa che si noti la differenza tra un coro diretto da un uomo e uno diretto da una donna? 
«No. Se sei bravo, sei bravo. I pregiudizi, però, esistono ancora. Ricordo il mio primo concerto con il coro nazionale italiano: eravamo in due, io e un collega della mia età. Stavamo registrando per RAI Radio 3 e quando siamo arrivati, hanno dato per scontato che fossi la sua assistente. L'intervista è stata assegnata prima a lui. Dopo il concerto, però, sono venuti da me, mi hanno intervistata e invitata a Roma. Il suono non cambia: cambiano gli stereotipi e i pregiudizi. Allora mi ha ferito, perché hanno dato per scontato che fossi l'assistente che preparava il coro prima del concerto, mentre il mio collega l’avrebbe diretto. Il problema non era solo che ero una donna, ma anche che ero giovane, avevo 30 anni. A livello professionale, in Italia, era insolito avere una direttrice d'orchestra, per di più così giovane. Giovane e donna: un doppio stigma. Dopo tanti anni, quel giornalista segue ancora il mio percorso professionale.»

 

Che ruolo ha la lingua nella percezione delle donne nella sua professione, dove c’è il direttore, il maestro, mentre le espressioni femminili si stanno affermando solo ora, più lentamente e con difficoltà?
«In Italia è ancora un tema politico. La sinistra incoraggia l'uso delle forme femminili – maestra, direttrice. Alcune colleghe, che, anche pubblicamente, esprimono idee più di destra, insistono sulle forme maschili, come direttore. Per me è naturale essere direttrice, maestra, direttrice d’orchestra. Non è una scelta politica, ma un segno di rispetto verso l'identità. In Slovenia è scontato: non si mette mai in discussione il fatto che una donna possa essere chiamata "dirigentka" (direttrice). In Italia, invece, mi chiedono ogni volta mi chiedono quale titolo preferisco.»

 

Ritiene che il mondo della direzione corale favorisca maggiormente le ambizioni maschili rispetto a quelle femminili?
«Sì. Le donne vengono spesso indirizzate verso l’insegnamento ai bambini, mentre nel contesto professionale la loro presenza è molto più ridotta. In parte ciò è legato alle aspettative familiari: anche nel mio caso, all’inizio si pensava che avrei insegnato a livello locale e che mi sarei fermata lì. Quando ho detto di voler lavorare come direttrice di coro in ambito professionale, mi sono sentita dire: “È difficile per una giovane donna”. Ma quando hanno visto che era possibile, si è letteralmente aperto un mondo: la dimostrazione che anche da un piccolo contesto locale può emergere un’artista capace di affermarsi a livello europeo.
Oggi molte giovani direttrici d’orchestra vengono da me: è per me un onore ricevere studentesse da tutta Italia che desiderano seguire le mie orme. Una giovane donna ha bisogno di modelli a cui ispirarsi. Purtroppo, però, in Italia esistono ancora figure maschili carismatiche che abusano della propria posizione. Ho assistito a molte forme di manipolazione, soprattutto rivolte alle ragazze.
Nel mondo corale italiano ci sono modelli maschili che, per dirla in modo elegante, mi provocano nausea per il loro comportamento verso le donne: atteggiamenti che sfiorano la richiesta di favori sessuali o vere e proprie forme di sfruttamento. Nel nostro ambiente musicale si fa spesso leva sul carisma del “maestro”, con comportamenti inappropriati, inclusi contatti fisici non richiesti, giustificati proprio dal loro ruolo.
Per questo ritengo che abbiamo bisogno di donne che dimostrino che si può essere artiste di alto livello, compagne e madri senza dover scendere a compromessi. Ho anche molti studenti uomini che vengono da me perché comprendono che una donna può insegnare loro qualcosa di diverso, anche il rispetto, che purtroppo spesso manca nella nostra professione. Durante i miei studi ho visto molte manipolazioni da parte dei direttori nei confronti delle cantanti – e anche dei cantanti – soprattutto delle più giovani. È uno dei motivi per cui ho scelto di tracciare una nuova direzione. Fortunatamente oggi c’è grande interesse per un approccio diverso in questo ambiente. La mia missione è costruire un percorso alternativo, in cui si possa raggiungere il successo senza dover accettare dinamiche tossiche.»

 

Nota delle differenze in questo senso tra l'Italia e la Slovenia?
«In Slovenia non ho mai riscontrato problemi di parità, anche se capita spesso di sentire che la carriera delle donne rallenta dopo la nascita dei figli. In Italia la situazione è più arretrata: nella Federazione Corale Nazionale siamo solo due donne su otto direttori artistici, e io sono l’unica ad avere un ruolo effettivamente artistico; la mia collega si occupa della parte pedagogica.
In Europa il quadro è molto variegato. A Madrid ho partecipato a un importante simposio europeo sul ruolo delle donne nella direzione d’orchestra e abbiamo constatato che nei Paesi nordici – Svezia e Finlandia in particolare – questi temi sono stati superati da tempo, mentre in Germania e in Italia siamo ancora nel pieno della battaglia. La Slovenia è culturalmente molto avanzata e sono grata di poter lavorare anche in quel contesto.
In Italia stiamo ancora imparando a parlarne, ma è già un inizio. I giovani con cui lavoro sono aperti, curiosi, spesso i più grandi sostenitori dell’uguaglianza. Anche a livello universitario, oltre allo studio della partitura, affrontiamo spesso questi argomenti: e ho l’impressione che ciò influisca positivamente anche sul loro modo di interpretare la musica. Lo stesso vale per il contesto delle compositrici: in Italia sono ancora pochissime, mentre nel Nord Europa quasi sorridono se si propone un concerto dedicato unicamente a compositrici, perché lo considerano un tema ormai superato da decenni.
Nell’associazione italiana FENIARCO mi impegno affinché ci siano più donne nelle giurie dei concorsi. In Slovenia è una cosa normale, in Italia è ancora un’eccezione. È interessante notare che ricevo molto sostegno dagli uomini: per fortuna non siamo più sole, e molti colleghi – spesso quelli che hanno studiato all’estero – sono al nostro fianco in questo percorso.»

 

Anche lei ha iniziato studiando pianoforte e poi è passata alla direzione d'orchestra. Quando ha capito di poter essere ambiziosa?
«Ho sempre sentito di volere di più. Già alla Glasbena matica cercavo sempre nuovi stimoli. Sono grata a questa istituzione per avermi formato e ancora oggi collaboro con questa scuola di musica. La persona che mi ha cambiato la vita è stato il mio maestro al conservatorio: mi ha aperto gli occhi e la mente. Mi sono detta: “Voglio essere come il maestro Bellon". Oggi dice che l'ho già superato su tutti i livelli. È quindi fondamentale incontrare le persone giuste, soprattutto quando si è molto giovani, quelle che ti aprono la mente sull'arte e sulla vita. L’ambizione nasce dalla curiosità e dall’essere circondati da persone che aspirano a qualcosa di più. Ecco perché ancora oggi mi circondo di persone interessanti.»

 

Che messaggio darebbe alle giovani direttrici d'orchestra?
«Di cercare modelli femminili. Io non li avevo in Italia, ma li ho trovati in Slovenia. È fondamentale vedere una donna fare ciò che tu sogni. Se fossi cresciuta solo in Italia, probabilmente non sarei quella che sono oggi. Ho dovuto plasmare da sola la mia idea di direttrice d'orchestra donna. Oggi voglio essere un esempio per le ragazze che vengono a studiare da me: il talento e l’integrità possono andare a pari passo. 
Come ho già detto, purtroppo in Italia esistono ancora figure maschili forti e tossiche, i cosiddetti "maestri", che abusano della loro posizione e hanno alle spalle ragazze che li seguono e li venerano come dei. Per questo ho voluto tracciare una nuova strada, dimostrando che si può avere successo anche fuori da questo mondo prettamente maschilista. Se fossi cresciuta solo in un ambiente italiano, probabilmente oggi non sarei quella che sono, perché in Italia non avevo modelli di riferimento, mentre la Slovenia me li ha dati. Sono fortunata a vivere tra queste due culture.»

 

Oggi è una delle direttrici d'orchestra più in vista in Italia e in Slovenia. In che modo queste due realtà hanno plasmato la sua carriera? 
«Ribadisco sempre di essere una direttrice d’orchestra slovena che vive e lavora anche in Italia. Rappresento entrambe le culture, e questo per me è un grande arricchimento. Per il mondo corale italiano questo aspetto è talvolta difficile da comprendere, mentre per gli sloveni non rappresenta alcun problema. Il canto corale sloveno è riconosciuto a livello internazionale, mentre quello italiano sta crescendo velocemente: i giovani studiano molto, spesso anche fuori dai confini nazionali. Io stessa incoraggio i miei studenti a formarsi all’estero e poi a tornare. Il mio ruolo è mettere in dialogo queste due realtà e portare una ventata di aria fresca.
In Italia sono ancora presenti modelli tradizionali, radicati in schemi del XIX secolo. E’ importante quindi affrontarli apertamente. Anche durante le prove con i miei giovani intellettuali, i cantanti discutono di questi temi: la condizione femminile, le identità nazionali, ma anche l’orientamento sessuale. Alcuni dei miei cantanti omosessuali, ad esempio, sono particolarmente sensibili alle tematiche femminili e più in generale a quelle delle minoranze.»

 

In parte avete già risposto quando avete menzionato la situazione delle direttrici d'orchestra in Slovenia. Cosa ne pensate quando si dice "famiglia o carriera": è davvero necessario scegliere?
Al momento sto vivendo anch'io questa situazione. Penso che sia possibile conciliare tutto, ma è necessario avere un partner che ti sostenga e che condivida la responsabilità familiare. Non sono affatto d'accordo con l'idea che una donna debba stare a casa perché è l'unica che può prendersi cura dei figli, l'unica che può occuparsi della casa. Ho scelto un partner che capisce il mio lavoro e viceversa, perché anche mio marito ha una carriera simile alla mia in un altro ambito artistico. È importante che ci sentiamo alla pari, che la donna si senta uguale all'uomo anche nelle scelte familiari. La maternità ti rende più forte, più consapevole e più selettiva. Un equilibrio è possibile, ma richiede rispetto reciproco.»

 

Se la sua vita raccontasse una storia, quale messaggio trasmetterebbe?
«Per troppo tempo il palcoscenico è stato il luogo del “maestro carismatico”. Io credo sia arrivato il momento in cui il pubblico si alzerà in piedi perché a salire sul palco sarà una maestra. Questo è il mio obiettivo: che la musica diventi un luogo in cui il talento non ha genere. Una nuova generazione lo ha già capito e sta solo aspettando che la maestra salga sul palco.»

 

Autrice: Valentina Oblak

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